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Il Lupus Eritematoso Sistemico (LES)

Vedi DiapositiveIl Lupus Eritematoso Sistemico (LES) è una malattia autoimmune sistemica cronica a patogenesi multifattoriale.

Il termine “autoimmune” indica una malattia che origina in seguito ad una anomala attivazione del sistema immunitario contro l’organismo cui appartiene e che può causare danni di tipo infiammatorio a carico dei vari tessuti, organi e apparati.

Il termine “sistemica” indica che tale condizione può interessare diversi organi e apparati dell'organismo.

Il termine “multifattoriale" indica che all’eziopatogenesi della malattia concorrono più fattori: una predisposizione genetica e fattori scatenanti quali, ad esempio, stimoli ormonali e/o ambientali. Tra questi ultimi le infezioni e l’esposizione ai raggi ultravioletti sono attualmente i più noti.

Epidemiologia

Il LES è una malattia che colpisce tipicamente le giovani donne; infatti il picco di incidenza si osserva tra i 15 ed i 40 anni, con un rapporto femmine-maschi di 6-10:1. Più raramente l’esordio è in età pediatrica o in età avanzata e, in tali casi il rapporto femmine-maschi scende a 2:1.

La prevalenza del LES è molto variabile ed è maggiore negli Afro-Caraibici (207 casi su 100.000 individui), seguiti dagli Asiatici (50 casi su 100.000 individui) e dai Caucasici (20 casi su 100.000 individui).

Manifestazioni cliniche

Il LES è una malattia complessa che si può presentare con manifestazioni cliniche diverse da individuo a individuo e, nello stesso individuo, in momenti diversi della storia di malattia.

 Il decorso della malattia può essere, pertanto, estremamente variabile anche per severità delle manifestazioni e per la possibile alternanza di fasi di attività e di remissione dei sintomi.

Di seguito sono descritte le principali manifestazioni di malattia.

  1. Sintomi costituzionali (riferiti dal 70-90% dei pazienti): stanchezza (astenia), febbre e dimagrimento non altrimenti spiegabili; spesso accompagnano l’ esordio della malattia e talvolta sono tali da limitare il normale svolgimento delle attività quotidiane.
  2. Lesioni di cute e mucose (descritte nella diverse casistiche dal 20 al 90% dei pazienti);comprendono uno spettro molto ampio di manifestazioni possibili. Secondo la classificazione di Gilliam e Sontheimer classification (1981) si distinguono tradizionalmente in lesioni lupus-specifiche o lupus non-specifiche psservabili, quindi, anche in altri contesti di malattia.. Le manifestazioni lupus- specifiche sono a loro volta distinte in acute (incluso il cosiddetto rash malare o a farfalla), subacute e croniche.
    1. Lupus cutaneo acuto: include forme generalizzate o localizzate come il tipico “rash malare” (o “a farfalla”); si tratta di una eruzione eritematosa (arrossata) ed edematosa (tumefatta) che può estendersi dal dorso del naso agli zigomi; può essere osservata anche sul mento o sulla fronte e non esita in cicatrice.
    2. Lupus cutaneo subacuto: nella versione anulare o papulo-squamosa si caratterizza per lesioni che esordiscono come papule o placche eritematose talvolta di aspetto desquamante; si sviluppano preferibilmente nelle regioni cutanee esposte alla luce solare (aree foto-esposte) e tendono a confluire; sono superficiali, non tendenti alla cicatrizzazione.
    3. Lupus cutaneo cronico: include la variante classica discoide (LED) che si caratterizza per manifestazioni cutanee a decorso cronico caratterizzate da lesioni a placca, ben delimitate, eritematose, rilevate, con tendenza a evolvere in cicatrice; solitamente localizzato su volto, padiglioni auricolari, cuoio capelluto e tronco, talvolta generalizzato. Talora si presenta in maniera isolata, senza associarsi ad altri sintomi e/o segni di malattia sistemica. Varianti più rare del lupus cutaneo cronico includonoil lupus profundus, il lupus verrucoso, il lupus tumido.

      Manifestazioni mucose e cutanee non lupus specifiche e comuni ad altre malattie autoimmuni sistemiche sono numerose e frequenti in corso di LES; tra queste le più comuni sono:
       
    4. Ulcere mucose e cutanee
    5. Alopecia (non cicatriziale) nelle sue varianti: “lupus hair”, telogen effluvium, alopecia areata
    6. orticaria autoimmune
    7. Vasculite cutanea nelle sue varianti leucocitoclastica (porpora palpabile o orticaria vasculite) o nella forma simil-panarterite nodosa
    8. Livedo reticularis
    9. Fenomeno di Raynaud
    10. eritromelalgia, acrocianosi
    11. Lupus bolloso
  3. Manifestazioni muscolo-scheletriche sono presenti fino al 90% dei pazienti: l’interessamento  muscolo-scheletrico si può manifestare nelle seguenti forme, talvolta presenti in associazione:
    1. Artralgie infiammatorie: dolore alle articolazioni talvolta associato a rigidità mattutina ma senza segni obiettivi di flogosi artocolare
    2. Artrite: dolore alle articolazioni associato a segni di infiammazione quali gonfiore, calore, rossore, limitazione funzionale. Nella sua variante più comune si tratta di un’artrite simmetrica, che colpisce piccole e medie articolazioni, non erosiva. In casì più rari può avere una evoluzione in deformità articolari (artropatia di Jaccoud nei casi più gravi) o erosioni.
    3. Mialgie/miosite: dolore a carico delle masse muscolari, talvolta associato a una franca miosite con deficit di forza ed elevazione degli enzimi muscolari (descritta nel 2-5% dei pazienti)
  4. Alterazioni ematologiche sono riscontrabili nel 40-80% dei pazienti: possono essere un riscontro occasionale in corso di accertamenti oppure manifestarsi con sintomi quali astenia, petecchie, sanguinamenti gengivali

    Possono essere isolate o associate configurando una pancitopenia; e si distinguono in:
     
    1. Anemia: classicamente distinta in emolitica e non-emolitica; ad essa possono contribuire anche fattori non strettamente dipendenti dall’attività di malattia come sanguinamenti, insufficienza renale cronica, tossicità da farmaci.
    2. Leucopenia: caratteristicamente linfopenia e/o neutropenia. Oltre che dall’attività di malattia può essere dovuta ad infezioni intercorrenti, tossicità da farmaci.
    3. Trombocitopenia: può essere modesta e asintomatica, o grave (< 20000 piastrine/mcl), accompagnata da sintomi quali sanguinamenti gengivali o petecchie.
  5. L’ impegno renale è descritto nel 40 -75% dei pazienti: si tratta di una infiammazione del parenchima corticale del rene che causa una glomerulonefrite; più raramente il processo infiammatorio colpisce anche i tubuli, i vasi o l’interstizio renale. Dal punto di vista clinico, l’impegno renale si può manifestare con alterazioni del sedimento urinario (ematuria, piuria, cilindruria), proteinuria di vario grado fino alla sindrome nefrosica, edemi declivi, riduzione della funzione renale, ipretensione, anemia; tali sintomi possono presentarsi variamente associati tra loro in pazienti diversi e nello stesso paziente in diverse fasi della malattia. Dal punto di vista istologico, la glomerulonefrite lupica viene classificata in base alla severità, all’estensione e al grado di attività delle lesioni infiammatorie in 6 classi; la classe III e IV (le varianti proliferative, rispettivamente focale-segmentale e diffusa) più spesso si associano a manifestazioni cliniche severe.

    Inizialmente l’impegno renale può essere asintomatico e rilevabile esclusivamente dagli esami di laboratorio effettuati per controllo tra cui l’esame completo delle urine, il dosaggio della proteinuria delle 24 ore (o del rapporto proteine/creatinina urinaria), la creatinine mia e la stima del filtrato glomerulare. Il dosaggio dei fattori del complemento (C3, C4) e degli autoanticorpi (in particolare anti dsDNA) sono necessari per completare l’inquadramento diagnostico. La biopsia renale viene di solito effettuata per confermare il sospetto di glomerulonefrite lupica, per stabilirne la classe e il grado di attività e/o di danno irreversibile.
  6. L’ impegno neuropsichiatrico è osservabile nel 20-80% dei pazienti, secondo le definizioni dell’American College of Rheumatology (2009) esso comprende 19 diversi tipi di manifestazioni cliniche che possono interessare il sistema nervoso centrale o, più raramente, periferico e disordini psichiatrici. Tra i quadri clinici più comuni troviamo:
    1. Cefalea
    2. Sintomi psichiatrici: comprendono disturbi dell’umore, disturbi d’ansia e psicosi.
    3. Deficit cognitivi
    4. Eventi cerebro-vascolari
    5. Crisi epilettiche
    6. Disturbi dell’umore
    7. Neuropatie dei nervi crainici
  7. Manifestazioni cardio-vascolari sono riportate fino al 60% dei pazienti; le forme più frequenti includono quadri clinici legati all’attività di malattia quali la pericardite e, più raramente, la miocardite e la coronarite. Non rare sono anche le valvulopatie (più spesso mitralica ed aortica), soprattutto in presenza di anticorpi anti-fosfolipidi. Nell’ambito delle manifestazioni cardiovascolari in corso di LES possiamo trovare anche quadri clinici legati ad un processo aterosclerotico accelerato che si può manifestare con angina e infarto acuto del miocardio.
  8. Sintomi respiratori possono essere comuni (descritti fino al 60% dei pazienti); il quadro clinico più frequente è la pleurite; si tratta di una infiammazione dei foglietti pleurici associata a versamento di entità variabile. Più raramente l’impegno respiratorio può coinvolgere il parenchima polmonare con una polmonite lupica che può essere mono o bilaterale e, talvolta, radiograficamente indistinguibile da un processo pneumonico di natura infettiva. L’alveolite emorragica e l’interstiziopatia polmonare sono descritte più raramente e anch’essi attribuibili all’attività di malattia; più difficile è l’inquadramento eziopatogenetico di un’altra rara manifestazione polmonare in corso di LES, il cosiddetto “shrinking lung”(polmone coartato) in cui si osserva una riduzione del volume polmonare  con una sopraelevazione bilaterale degli emidiaframmi.
  9. Sintomi a carico dell’apparato gastroenterico attribuibili alla malattia sono più rari; tra questi si annoverano  la vasculite intestinale e la peritonite. Rara anche la pancreatite lupica e manifestazioni infiammatorie a carico delle vie biliari.
    Il fegato può essere interessato in diversi modi in corso di LES; l’impegno parenchimale epatico nel LES è abbastanza raro e può consistere nel solo aumento transitorio degli enzimi epatici o in forme più gravi come la cosiddetta ”iperplasia nodulare rigenerativa”. E’ descritta una forma di epatite detta “lupoide”, che presenta somiglianze con la epatite autoimmune. In pazienti con anticorpi anti-fosfolipidi il fegato può essere interessato per fenomeni trombotici a carico dell’arteria o, più spesso, delle vene epatiche talvolta configurando la cosiddetta sindrome di Budd-Chiari.

Alterazioni immunologiche

Le alterazioni immunologiche tipiche del LES e rilevabili tramite metodiche di laboratorio consistono principalmente nella produzione di autoanticorpi, (anticorpi diretti contro varie strutture delle cellule dell’organismo);sono stati descritti oltre 100 autoanticorpi in corso di LES. Di seguito riportiamo quelli più noti e meglio caratterizzati sia dal punto di vista patogenetico che clinico.

  1. Anticorpi anti-nucleo (ANA): anticorpi diretti contro antigeni presenti nei nuclei delle cellule. Essi possono essere positivi a titolo variabile; virtualmente sono presenti in tutti i pazienti con LES, ma possono essere presenti in molte altre condizioni e dunque non sono da considerare specifici del LES.
  2. Anticorpi anti-dsDNA: sono anticorpi diretti contro il double-stranded DNA (DNA a doppia elica). Essi sono altamente specifici del LES, possono essere correlati con la presenza di impegno renale e con la attività di malattia.
  3. Anticorpi anti-Sm: anticorpi diretti contro l’antigene nucleare chiamato Smith. Sono specifici del LES, ma non sembrano correlare con l’attività di malattia.
  4. Anticorpi anti-RNP: anticorpi diretti contro ribonucleoproteine, ossia contro componenti dell’RNA contenuto nel nucleo delle cellule. Non sono considerati un marcatore sierologico specifico in quanto si trovano anche in pazienti con sclerosi sistemica, sindrome di Sjögren e, a titolo elevato, sono marcatori specifici della Connettivite Mista (MCTD), una malattia autoimmune sistemica in cui si sovrappongono segni e sintomi tipici di LES, sclerosi sistemica e polidermatomiosite.
  5. Anticorpi anti-Ro/SSA e anti-La/SSB: anticorpi la cui positività è correlata con un aumentato rischio di fotosensibilità, lesioni cutanee subacute, xerostomia e xeroftalmia. Anch’essi non sono esclusivi del LES potendosi ritrovare in pazienti con sindrome di Sjögren, MCTD), sclerosi sistemica, artrite reumatoide e polimiosite.
  6. Anticorpi antifosfolipidi: gruppo eterogeneo di autoanticorpi diretti contro fosfolipidi (componenti della membrana plasmatica delle cellule carichi negativamente), proteine plasmatiche ad alta affinità per i fosfolipidi o complessi fosfolipidi-proteine. Quelli al momento noti sono suddivisi in quattro gruppi: gli anticardiolipina (aCL), gli antibeta2glicoproteina1 (antiβ2GPI), gli anticomplesso fosfolipidi-protrombina. A questi è da aggiungere la postività del test funzionale del Lupus Anticoagulant (LAC). Per quanto in vitro essi sembrino inibire la coagulazione (allungamento del tempo di coagulazione nei test emocoagulativi fosfolipide-dipendenti), in vivo essi svolgono un’azione pro-trombotica, favorendo la coagulazione del sangue. Nel 30-40% dei pazienti affetti da LES si osserva la positività degli anticorpi anti-fosfolipidi, non necessariamente associata alla presenza della cosiddetta “sindrome da anticorpi anti-fosfolipidi”, in cui la positività per gli autoanticorpi si associa alla presenza di manifestazioni cliniche specifiche (in particolare  trombosi arteriose o venose e complicanze ostetriche ostetriche).
  7. Autoanticorpi diretti contro componenti di cellule ematiche, in particolare contro globuli rossi e piastrine. Sono responsabili rispettivamente della positività del test di Coombs diretto associato o meno ad anemia emolitica e di alcune forme di piastrinopenia in corso di LES.

Altre alterazioni di laboratorio

Il LES è considerata il prototipo delle malattie da immunocomplessi che attivano la cascata complementare; infatti il parametro di laboratorio più caratteristico della malattia, oltre agli autoanticorpi, è la riduzione delle frazioni del complemento C3 e C4; esso ha una valenza fondamentale sia nella diagnosi di malattia che nel suo monitoraggio clinico.  Per tale motivo, la riduzione del complemento insieme agli anticorpi anti dsDNA è inclusa nella maggior parte degli indici utilizzati per la valutazione dell’attività di malattia.

Oltre all’ipocomplementemia, un’ altra alterazione ematochimica frequentemente riscontrabile nei pazienti con LES è l’ipergammmaglobulinemia (aumento degli anticorpi totali circolanti nel sangue), dovuta alla stimolazione della risposta immunitaria B mediata.

Essendo il LES una malattia infiammatoria cronica, è spesso osservabile un incremento della velocità di eritrosedimentazione (VES) che tuttavia non rappresenta necessariamente una indicazione di attività di malattia potendo essere persistentemente elevata nel tempo.

 

Terapia del LES

Il trattamento del LES ha tre scopi fondamentali: (i) induzione della remissione: finalizzata al rapido controllo dell’attività di malattia, (ii) terapia di mantenimento: finalizzata al mantenimento della remissione e alla prevenzionee dei flares di malattia, (iii) trattamento delle comorbidità: finalizzato a ridurre il rischio di insorgenza degli effetti collaterali correlati all’utilizzo dei farmaci impiegati per il controllo della malattia, di altre condizioni associate (es. ipertensione, diabete) e del danno di malattia. Per tali motivi, il trattamento del LES non solo è estremamente complesso, ma si basa sull’utilizzo di una terapia di combinazione di più tipi di farmaci. Recentemente l’armamentario terapeutico contro il LES si è arricchito di nuovi farmaci biotecnologici ma per molti anni i miglioramenti più significativi nel trattamento del LES sono consistiti principalmente nel perfezionamento di protocolli terapeutici basati sull’utilizzo di farmaci tradizionali.

Qui sotto riportiamo brevemente le terapie farmacologiche più utilizzate per la cura del LES.

  1. Farmaci Antiinfiammatori Non Steroidei (FANS): utilizzati al bisogno soprattutto per i disturbi articolari e muscolari, la pericardite, la pleurite e la cefalea.
  2. Glucocorticoidi (GC): la terapia cortisonica, grazie alle sue proprietà antiinfiammatorie,  rappresenta da decenni la colonna portante della  terapia delle malattie autoimmuni sistemiche. Essa può essere somministrata secondo le seguenti modalità:
    1. Uso topico: utilizzo principale nel trattamento delle lesioni cutanee
    2. Uso intra-articolare: utilizzo nei casi di artrite
    3. Terapia orale o intramuscolare o endovenosa: utilizzo nei casi di trattamento delle manifestazioni sistemiche. In particolare, la via intramuscolare o endovenosa sono utilizzate per la somministrazione di alte dosi di GC per trattare le fasi di severa attività di malattia (ad esempio in caso di impegno renale, o impegno del sistema nervoso); la via orale è invece preferibile per il trattamento delle fasi di modesta-lieve attività di malattia o per il mantenimento della remissione di malattia.
  3. Antimalarici: possiedono proprietà immunomodulanti, ossia capaci di controllare l’attività della risposta immunitaria. I farmaci più frequentemente prescritti sono l’idrossiclorochina, la clorochina e la quinacrina. Le indicazioni più tipiche per il loro utilizzo nel LES sono le lesioni cutanee, i disturbi articolari, la pericardite e la pleurite, ma in generale gli antimalarici vengono utilizzati per ridurre la attività di malattia anche i soggetti con malattia severa.

    Numerosi dati, inoltre, mostrano come la terapia con antimalarici si associ ad un minore incremento del danno nel corso della malattia, ad una ridotta mortalità e la loro sospensione ad una aumentata incidenza di riacutizzazioni; sulla base di tali dati gli antimalarici sono da considerarsi una "terapia di fondo" del LES e vengono attualmente consigliati ai pazienti a meno che non ci siano controindicazioni alla loro assunzione.
  4. Immunosoppressori: farmaci che riducono l’entità della risposta infiammatoria poiché inibiscono a vari livelli la funzione del sistema immunitario. Il controllo dell’infiammazione e quindi dei disturbi che essa causa nel LES ha come controparte una maggiore suscettibilità allo sviluppo di infezioni, correlata alla compromissione della risposta immune. Per tale motivo l’assunzione di questo tipo di terapie richiede un monitoraggio stretto del malato, non solo per monitorare la efficacia terapeutica ma anche lo svilupparsi di eventuali effetti collaterali

    Di seguito sono riportati i principali farmaci immunosoppressori utilizzati nella terapia del LES.
    1. Ciclofosfamide: una delle terapie di scelta per il trattamento della malattia severa (in particolare impegno renale e neurologico); il suo ruolo è quello di indurre la remissione. Può essere utilizzata sia per via orale che endovenosa.
    2. Azatioprina: largamente utilizzata nel LES, soprattutto per il mantenimento della remissione della malattia. Viene somministrata per via orale ed è una dei farmaci di scelta in corso di gravidanza.
    3. Micofenolato mofetile: coma la ciclofosfamide è ampiamente utilizzato nell’induzione della remissione che nel mantenimento della remissione renale; viene somministrato per via orale.
    4. Methotrexate: utilizzato soprattutto per il trattamento dei disturbi articolari e cutanei, in associazione a terapia con GC a dosi medio-basse; rappresenta, in maniera simile all’azatioprina, uno dei farmaci utilizzati per il mantenimento della remissione. 
    5. Ciclosporina e Tacrolimus: inibitori della calcineurina, trovano impiego nella terapia delle manifestazioni cutanee, ematologiche e renali. Come l?azatioprina sono farmaci utilizzabili anche in gravidanza.
    6. Immunoglobuline: emoderivati che svolgono una funzione immunomodulante. Sono somministrate per via endovenosa e mostrano particolare efficacia nel trattamento della trombocitopenia. Nel caso di sindrome nefrosica con marcata perdita di proteine, le immunoglobuline possono essere somministrate anche come terapia sostitutiva, finalizzata cioè a svolgere le funzioni protettive degli anticorpi che vengono persi in seguito alla disfunzione dei processi di filtrazione renale.
    7.  Farmaci Biotecnologici: tale termine fa riferimento alla natura di tali farmaci prodotti con le nuove tecniche di ingegneria biomolecolare. In particolare, i farmaci biotecnologici sono recettori o anticorpi (sintetizzati in laboratorio, ma del tutto analoghi dal punto di vista strutturale a quelli prodotti dal nostro stesso organismo) capaci di legarsi alle citochine pro- infiammatorie e/o a molecole di superficie espresse dalle cellule del sistema immunitario.  La loro introduzione nella pratica clinica ha rappresentato una assoluta rivoluzione, non solo per il concetto innovativo di trattamento “mirato” contro bersagli molecolari chiave delle patologie reumatologiche, ma anche per l’ efficacia di tali farmaci rispetto alle terapie tradizionali. Di seguito un breve elenco di alcuni di tali farmaci già disponibili in commercio per la cura del LEs o in fase avanzata di sperimentazione.
    8. Belimumab: anticorpo specifico per la proteina solubile umana che stimola i linfociti B (BLyS, chiamato anche BAFF e TNFSF13B). Esso blocca il legame del BLyS, fattore di sopravvivenza della cellula B, con i suoi recettori sulle cellule B, inibendo così la sopravvivenza delle cellule B e riducendone la capacità di sintetizzare anticorpi. BLyS (o stimolatore dei linfociti B), è una proteina prodotta naturalmente che è stata scoperta nel 1997, il cui meccanismo fisiologico è stato descritto nel 1999. I livelli di BLyS sono elevati nei pazienti affetti da LES. Sembra esservi una associazione tra i livelli plasmatici di BLyS e l’attività di malattia. La sua maggiore efficacia sembra esprimersi nel controllo delle manifestazioni di moderata severità della malattia, in particolare quelle cutanee e articolari. L’anticorpo anti-BLyS (Belimumab) è attualmente l’unico farmaco biotecnologico approvato per il trattamento del LES in fase attiva.
    9. Anti-CD20: anticorpo che lega selettivamente il recettore CD20 presente sulla superficie dei linfociti B maturi. Dati derivanti da studi osservazionali volti a trattare forme di malattia refrattarie alla terapia tradizionale hanno mostrato come l’aggiunta di tale farmaco alla terapia immunosoppressiva convenzionale sia in grado di ridurre la attività della malattia in particolare nei confronti dell’interessamento renale e neurologico (refrattari alla terapia con ciclofosfamide, micofenolato mofetile e alte dosi di GC), articolare ed ematologico (trombocitopenia) del LES. Tuttavia gli studi registrativi volti a confermare tali risultati, non hanno dimostrato la sua superiorità sulla terapia di fondo (micofenolato mofetile) né nel trattamento del LES moderato severo, né nella nefrite lupica. Pertanto tale terapia rimane “off-label” (senza indicazione al suo utilizzo nel trattamento del LES) e dunque utilizzabile soltanto in pazienti refrattari alla terapia tradizionale.

      Attualmente sono in fase di sviluppo più o meno avanzato numerosi altri farmaci che hanno come bersaglio differenti molecole o recettori che sono coinvolti nella risposta immunitaria, fra questi i più promettenti al momento sono:
      Epratuzumab: anticorpo monoclonale umanizzato diretto contro il CD-22, un recettore presente sulla superficie dei linfociti B. Esso sembra agire modulando l’attività dei linfociti B, in particolare compromettendo l’espressione di molecole di superficie implicate nei processi di adesione cellulare e proliferazione e riducendo la loro capacità di attivare reazioni chiave della cascata infiammatoria.
      Sifalimumab: anticorpo monoclonale diretto contro l’Interferone alfa  (INFα), una citochina appartenente alla famiglia degli interferoni di tipo I, che appare esercitare un ruolo centrale nella  patogenesi del LES. Questo farmaco si lega specificamente a vari sottotipi di INFα, neutralizzandoli e quindi prevenendone il legame con il recettore specifico; ciò compromette l’attivazione di fasi cruciali della risposta infiammatoria.

Presentazione Diapositive

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